domenica 14 agosto 2011

Cantieri - Il responsabile dei lavori: incarico e incompatibilita`



QUALSIASI OPERATORE ED A QUALSIASI TITOLO DEL SETTORE DELLE OPERE PUBBLICHE DOVREBBE LEGGERE QUESTO ARTICOLO DAVVERO INTERESSANTE ED APPROFONDITO.


Articolo della rivista "ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 7/2011"
Autore: "Igor Secco – Sostituto Procuratore, Procura della Repubblica di Bolzano".


Il principio giurisprudenziale
Come noto, prima del D.Lgs. n. 494/1996 (recepimento direttiva cantieri) (1), il principio giurisprudenziale era quello secondo cui l’appaltatore era garante dell’integrita` fisica dei propri dipendenti, ai sensi dell’art. 1665 c.c. e alla luce del requisito d’autonomia dell’appaltatore, a meno che il committente si fosse ingerito nei lavori svolti dall’appaltatore (2) o avesse dato precise direttive dalla cui applicazione sia conseguito l’infortunio.
Il Titolo IV del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, dedicato alla disciplina dei «Cantieri temporanei o mobili», contiene al Capo I le disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili (come definiti nell’art. 89 comma 1, lett. a), secondo quanto gia` il D.Lgs. n. 494/1996, come modificato dal D.Lgs. n. 528/1999, definiva all’art. 2, lett. a) («... qualsiasi luogo in cui si effettuano lavori edili il cui elenco e` riportato all’Allegato X (lavori edili o di ingegneria civile»).
Il «committente» e` definito dall’art. 89, comma 1, lett. b), come quel soggetto (persona fisica o giuridica) per conto del quale l’opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione (criterio sostanziale della destinazione finale dell’opera). Per le opere pubbliche, committente e` il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione del’appalto.
Il «responsabile dei lavori», gia` definito dalla lett. c), art. 2 del D.Lgs. n. 494/1996, e ora dall’art. 89, comma  , lett. c), e` il soggetto, eventuale, che puo` essere incaricato dal committente ai fini della progettazione o dell’esecuzione o del controllo dell’esecuzione dell’opera.
E ` dunque un alter ego del committente che non deve essere confuso con il «direttore dei lavori» deputato alla verifica ex art. 1662 c.c. Ai sensi del’art. 93, comma 1, il committente puo` essere esonerato dalle proprie responsabilita` limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori.
Il conferimento dell’incarico al responsabile e` in realta` un atto di delega, come ha riconosciuto la Suprema Corte (cfr. sentenza n. 7209/2007, in cui la Cassazione ha espressamente distinto tra mero atto di nomina del responsabile dei lavori, privo di effetti liberatori sul piano della responsabilita`, e un separato atto di delega avente la funzione di identificare quei compiti dai quali il committente intende sgravarsi; cfr. anche Cass. 10 giugno 2008, n. 23090, la quale riteneva che «la nomina, da parte del committente, del direttore dei lavori nella persona di ..., non conteneva alcuna delega in relazione agli adempimenti da osservarsi in materia di sicurezza e, tanto meno, il conferimento dell’incarico di nominare i coordinatori per la progettazione e l’esecuzione dei lavori e non puo` pertanto produrre alcun effetto liberatorio nei confronti del committente», posto che «alla nomina si deve imprescindibilmente accompagnare un atto di delega, con il quale si attribuiscono al predetto responsabile dei lavori poteri decisionali, cui sono connessi evidenti oneri di spesa...»; da ultimo, anche Cass., sez. IV, 14 gennaio 2010, n. 1490, seppure in posizione piu` sfumata, ha stabilito che «l’incarico al responsabile dei lavori da parte del committente, che lo si voglia o meno tratteggiare come una forma di delega, per assumere rilevanza giuridica deve presentare una chiara evidenza formale, di guisa che sia possibile inferire quale sia l’ambito del trasferimento di ruolo e di responsabilita` ... ed implica necessariamente il conferimento dei poteri decisori, gestionali e di spesa necessari.»).

Conferimento dell’incarico Natura
Pur essendo inquadrabile nell’istituto della delega, l’incarico conferito al responsabile dei lavori non deve soddisfare tutti i requisiti imposti dall’art. 16 («Delega di funzioni») del T.U. n. 81/2008, che cosı` dispone:
«1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, e` ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita` ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicita`.
3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo a vigilanza si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modelli di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4.
3-bis. Il soggetto delegato puo`, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2 ...».
Tale norma, infatti, disciplina la delega del datore di lavoro al dirigente, al fine di escludere la responsabilita` di quest’ultimo, dei suoi poteri di «vigilanza operativa» ex art. 97, e non puo` disciplinare anche l’atto di incarico,  onferito dal committente al responsabile dei lavori e relativo ai suoi poteri di «verifica» ex artt. 93, comma 2 e art. 90, comma 2 e di «coordinamento» ex art. 26 T.U., una delega che potrebbe definirsi sui generis. In altri termini diversi sono i doveri-poteri del datore di lavoro (e del dirigente) da quelli del committente (e del responsabile dei lavori), e diverso e` lo strumento per conferirli.
Tuttavia, la giurisprudenza e` molto rigorosa in materia di responsabilita` del committente, confondendo spesso i diversi piani degli obblighi.
In particolare due sentenze (3) affermano la responsabilita` di privati committenti che affidavano ad un’impresa l’esecuzione di lavori di ristrutturazione del loro appartamento.
Nel primo caso portato all’attenzione della Corte un dipendente dell’impresa cadeva dal tetto e si riscontrava che era privo di mezzi di trattenuta e che il ponteggio non era del tutto a norma (distava 22 cm dal piano di gronda e mancavano alcuni parapetti); i committenti venivano condannati perche´ essi non avevano controllato «... che il coordinatore avesse concretamente, e soprattutto correttamente, con attenzione e puntualita`, svolto le sue mansioni di verifica, accertando se il coordinatore avesse rilevato o meno l’eventuale omessa osservanza delle prescrizioni contenute nel piano di sicurezza».
Nel secondo caso, era addirittura un lavoratore autonomo che precipitava da una impalcatura non munita di parapetti, e la responsabilita` del committente e` argomentata «per aver svolto lavori in economia senza avere preventivamente verificato la idoneita` del lavoratore non iscritto in alcun albo artigiano o ad alcuna lista della Camera di commercio, senza nominare un direttore dei lavori e assumendosi interamente il rischio di una cosı` fatta organizzazione». Addirittura, in questa sentenza, gravando il committente di una responsabilita` oggettiva, la Corte ha richiamato il principio, elaborato in casi totalmente diversi, secondo cui «chiunque gestisce imprese ... cantieri ... oltre alla obbligazione di garanzia relativa ai lavoratori dipendenti dell’imprenditore, si aggiunge l’obbligazione di garanzia verso chiunque acceda a quegli impianti, ... correlata agli obblighi generali di non esporre alcuno a rischi generici o ambientali ...» (cfr. anche Cass., 1º luglio 2009, n. 37840, in un caso in cui pero` il committente-appaltante era pero` un imprenditore, e l’appaltatore era caduto da una scala mentre eseguiva dei lavori di pittura: anche in questa sentenza si legge l’affermazione, che lambisce i confini della responsabilita` oggettiva, per la quale «l’obbligo del datore di lavoro di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro si estende anche ai soggetti che nell’impresa hanno prestato la loro opera, quale che sia stata la forma utilizzata per lo svolgimento della prestazione»).
In particolare, il datore di lavoro committente di lavori all’interno della propria unita` produttiva deve cooperare con l’impresa appaltatrice, fornendole le informazioni sui rischi presenti in azienda nonche´ coordinandosi con essa, per quanto riguarda le opere e le misure di protezione, con «particolare riferimento ai rischi di interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva».
In sostanza, trattasi di situazioni nelle quali un’impresa, che fa entrare un’altra nella propria sfera di influenza, deve regolamentare la presenza di lavoratori appartenenti ad un’impresa diversa.
Orbene, al di la` della questione relativa alla misura in cui l’art. 26 debba essere applicato anche ai cantieri, laddove, le funzioni di coordinamento spettano al coordinatore dell’esecuzione, la norma sancisce espressamente che la necessita` di un coordinamento sorge solamente di fronte a rischi di interferenza tra i lavori.
Il concetto e` ben chiaro alla giurisprudenza della Suprema Corte (4), la quale, distinguendo tra il significato di coordinare («collegare razionalmente le varie fasi dell’attivita` ...») e cooperare («che e` qualcosa di piu` perche´ vuol dire contribuire attivamente a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie ...») in un caso in cui per lavori di pulizia del tetto del capannone e` stata ritenuta l’inesistenza di rischi comuni ai lavoratori delle due parti e quindi l’assenza dell’obbligo della cooperazione), ha avuto modo di sancire che, ove una simile interferenza non vi sia, e, quindi, la lavorazione rientra nella sfera di rischio specifica della singola impresa, l’art. 26 e` inapplicabile e dell’infortunio rispondera` solo quell’azienda che gestiva la situazione di rischio.
Principio gia` affermato (5):
«In tema di responsabilita` del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro, nel caso di affidamento in appalto di lavori all’interno dell’azienda, la cui esecuzione e` di tale natura da porre in pericolo la incolumita` non solo dei  ipendenti dell’appaltatore ma anche di quelli del committente, l’art. 7 del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, impone a quest’ultimo, non solo di fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici ogni qualvolta affidi un determinato lavoro all’appaltatore (a nulla rilevando che abbia fornito quelle informazioni in precedenza), ma anche di cooperare con l’appaltatore nell’apprestamento delle misure di sicurezza a favore di tutti i lavoratori, a qualunque impresa essi appartengano.
Tuttavia, la cooperazione non puo` intendersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell’appaltatore tutte le volte in cui costui ometta, per qualsiasi ragione, di adottare misure di prevenzione prescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori, risolvendosi in un’inammissibile ingerenza del committente nell’attivita` propria dell’appaltatore.
Ne consegue che l’obbligo di cooperazione imposto al committente e` limitato all’attuazione di quelle misure rivolte ad eliminare i pericoli che, per effetto dell’esecuzione delle opere appaltate, vanno ad incidere sia sui dipendenti dell’appaltante sia su quelli dell’appaltatore, mentre per il resto ciascun datore di lavoro deve provvedere autonomamente alla tutela dei propri prestatori d’opera subordinati, assumendone la relativa responsabilita` » (6).

Forma
In particolare, per quanto riguarda la forma, se e` vero che l’incarico al responsabile dei lavori deve essere scritto, sottoscritto ed espresso, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale, non sembra viceversa necessario che esso risulti da atto scritto recante data certa.
Requisiti soggettivi Per quanto riguarda le condizioni soggettive, anche il responsabile dei lavori deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli, posto che la mancanza di tale requisito potrebbe comportare una responsabilita` penale in capo al committente, quale culpa in eligendo.

Autonomia e responsabilita` 
Sembra altresı` necessario che il responsabile dei lavori abbia un’effettiva e completa autonomia (anche se il profilo relativo alla spesa e` in questo caso piu` sfumato), sia nell’adottare le decisioni che nell’eseguirle, e che il committente non debba interferire ne´ ingerirsi nell’attivita` del responsabile dei lavori.
Non e` invece necessario che la delega sia puntuale e specifichi i compiti delegati in modo analitico, potendo essere sufficiente che il cittadino comune che ristrutturi la sua abitazione si limiti ad un generale affidamento al responsabile dei lavori di tutti i compiti infortunistici altrimenti gravanti sul committente medesimi, senza neppure dare adeguata e tempestiva pubblicita` (come prescrive, in realta` senza sanzione, il comma 2 dell’art. 16 del T.U.).
Si discute se possa essere applicabile al rapporto committente-responsabile dei lavori il comma 3 dell’art. 16, ovvero se residui in capo al committente un suo potere-dovere di controllo e verifica, connesso ad un obbligo di vigilanza, sull’operato del responsabile dei lavori. In altre parole, il problema e` quello di verificare se la posizione di garanzia (e quindi la responsabilita`) del responsabile dei lavori sia interamente sostitutiva a quella del committente, o se comunque puo` sopravvivere una responsabilita` di quest’ultimo, per culpa in vigilando.
In effetti, ritenendo che il rapporto committente-responsabile dei lavori sia inquadrabile in un rapporto di delega di funzioni, secondo la tesi dell’efficacia soggettiva della delega, il delegante resta sempre il destinatario del precetto ma la delega influirebbe sull’elemento soggettivo del reato, escludendo la colpevolezza, sostituendosi all’obbligo di un adempimento diretto un dovere di vigilanza e controllo del delegante sull’attivita` del delegato (Cass., sez. III, 20 dicembre 2002).
Secondo invece la tesi dell’efficacia oggettiva - liberatoria della delega (valida) -, essa trasferirebbe la posizione soggettiva rilevante dal delegante al delegato, e avrebbe l’effetto di liberare il titolare formale, ovvero il committente, dalla responsabilita` penale, liberandolo altresı` dall’obbligo incondizionato di vigilanza sull’operato del delegato (7).
La delega di funzioni, comportando la creazione di un nuovo soggetto (il delegato) tenuto alla salvaguardia dell’interesse protetto dall’ordinamento, escluderebbe dunque ogni dovere di intervento in capo al delegante.
Al di la` della tesi sostenuta, affinche´ il committente sia immune da responsabilita`, e` comunque necessario che lo stesso non abbia conoscenza ne´ che debba avere conoscenza dell’illecito commesso dal responsabile dei lavori, o della sussistenza delle condizioni perche´ l’illecito sia commesso.

Appaltatore e responsabile dei lavori 
Un ulteriore problema e` relativo alla possibilita` che l’appaltatore rivesta la qualifica di responsabile dei lavori. Infatti, il T.U. ha escluso espressamente l’ipotesi della coincidenza tra appaltatore e coordinatore per l’esecuzione (e quindi anche del responsabile dei lavori che, in possesso dei requisiti di cui all’art. 10, svolga le funzioni di coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione), ma non ha provveduto a dettare  un’incompatibilita` ulteriore tra appaltatore e responsabile dei lavori. Paradossalmente, quindi, l’appaltatore-responsabile dei lavori potrebbe nominare il coordinatore per l’esecuzione, cioe` la persona deputata a controllarlo.
Inoltre, con riguardo agli obblighi del committente trasferibili al responsabile lavori, lo stesso ‘ibrido’ soggetto dovrebbe accertare l’idoneita` tecnico-professionale delle imprese esecutrici (quindi anche della propria) e dei  lavoratori autonomi.
In considerazione di queste possibilita` di conflitto - anche solo potenziale - di interessi, la Suprema Corte ha  dunque ritenuto che il responsabile dei lavori non puo` essere incaricato anche dell’esecuzione dell’opera (8).
Secondo la Corte, tale incompatibilita` sarebbe anche il precipitato del ruolo «di alta vigilanza » che ha il committente e quindi il responsabile dei lavori, differente dal ruolo di «puntuale e stringente vigilanza» demandata alle figure operative:
datore di lavoro, dirigente, preposto (9).
Secondo il ragionamento della Cassazione, dunque, pur in assenza di una norma espressa che sancisce la detta incompatibilita`, essa deve essere desunta dalla «conformazione del sistema di protezione che esclude la sovrapposizione, in capo allo stesso soggetto, dei ruoli di controllore e controllato».
La scelta ermeneutica qui illustrata, che si fonda sulla presunzione assoluta dell’esistenza di conflitti interessi, sembra dimenticare tuttavia che le norme che disciplinano le incompatibilita`, quale quella disciplinante l’incompatibilita` tra coordinatore e appaltatore devono sempre considerarsi di stretta interpretazione e quindi non applicabili in modo estensivo o analogico. Una soluzione intermedia potrebbe essere quella di ritenere in particolare la causa di incompatibilita` non estensibile, per il principio di autonomia organizzativa, nel caso in cui ad esempio il coordinatore sia nominato dal committente, pur in presenza del responsabile dei lavori.



Note:
(1) La prima norma in materia di «rischio aggiuntivo» per quelle imprese le quali lavorino contestualmente in un unico luogo e` stata l’art. 18, comma 8 della l. n. 55/1990 (sui contratti della p.a.), norma poi ripresa dal D.Lgs. n. 406/1991, che prevedeva il coordinamento dei lavori negli appalti dei lavori pubblici.


(2) Cass., sez. IV, 14 dicembre 2000.


(3) Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2008, n. 8589, Speckenhauser, rv. 238965 e Cass. pen., dd. 9 luglio 2010, n. 42465.


(4) Cfr. Cass. 9 luglio 2009, n. 28197, Rv. 244691.


(5) Da Cass., sez. IV, 20 settembre 2002, n. 31459 (ud. 3 luglio 2002) Rv. 222341, Presidente: Coco GS., Estensore: Battisti M. Imputato: Zanini ed altro. P.M. Viglietta G. (Parz. Diff.) (Annulla in parte senza rinvio, App. Brescia, 5 dicembre 2000).



(6) Cfr. anche sentenza Trib. Bolzano, sezione dist. Merano, 3 marzo 2011, n. 30.


(7) Cass., sez. III, 24 febbraio 1998, Merla, in Igiene e sicurezza del lavoro, 1998, p. 273; Cass., sez. III, 1º luglio 2002, Palandri, in Foro it., Rep., 2002, voce Lavoro (rapporto), c. 1108.


(8) Cass., sez. IV, 14 gennaio 2010, n. 1490.


(9) Differenza che la Suprema Corte ha evidenziato anche nella sentenza sez. IV, dd. 13 maggio 2010, n. 18149.

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